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Cenni storici

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La ditta Cais, nacque nel 1958, esattamente il 1° dicembre di quell’anno, quando Franco Cais rilevò un laboratorio in Corso Palermo, a Torino, dopo sei anni di apprendistato di cui egli racconta:

"Avevo 15 anni quando iniziai ed era il settembre del 1952; si lavorava nove ore al dì, fino alle 19,00, dopo di ché, dalle 20,00 alle 22,30, frequentavo la scuola serale per perfezionare il disegno e l’incisione a bulino. Allora il lavoro era ancora molto manuale: per i timbri ci si serviva della composizione a caratteri mobili, prevalentemente della ditta Nebiolo di Torino, e per loghi e simboli si produceva un cliché in legno o metallo inciso a mano oppure in zincografia da inserire all’interno della composizione, quindi si realizzava la matrice in caolino-scagliola e destrina sciolta in acqua che serviva da collante; quando era secca si pressava a caldo uno strato di gomma per la vulcanizzazione dei timbri. Le targhe venivano incise su ottone o plexiglas e anche in questo caso l’incisione veniva realizzata a pantografo o a mano, in base al tipo di lavoro, oppure venivano realizzate in fusione.

Nonostante si respirasse ancora l’aria delle generazioni passate, formate da gente di grande esperienza e abilità nella pratica incisoria, molti aspetti del lavoro subirono importanti cambiamenti dopo la guerra; se negli anni ’40 la zincografia era ai suoi inizi, negli anni ’50 prese piede in modo significativo, con la conseguente diminuzione dell’incisione xilografica o a bulino, sia nella pratica lavorativa sia nella formazione dei giovani. Non è un caso che chi ancora oggi incide a mano sapientemente fa parte di quella classe che si formò prima della guerra; basti pensare che negli anni ’60 l’unico xilografo rimasto a Torino, il Sig. Cumino in C.so Racconigi, 112, aveva ottant’anni, così come il suo unico dipendente".

Il 1° maggio del 1960 Franco Cais trasferì l’attività da C.so Palermo a Via Principe Amedeo n. 17, e, come tutti i principianti, cominciò con l’eseguire lavori su commissione per negozi torinesi già affermati, formandosi col tempo una propria clientela che in molti casi gli è rimasta fedele sino ad oggi.

Il lavoro d’incisione si svolgeva a mano, mediante bulino, o con l’aiuto di un pantografo meccanico; interessanti e frequenti erano le riproduzioni di stemmi araldici e di "loghi” (come sono chiamati oggi) su targhe e presse per timbri in rilievo: questi venivano disegnati su di una lastra di zinco quindi traforati a mano e fissati su di una base sempre di zinco (così come per i caratteri più particolari), in modo da ottenere una traccia con cui operare a pantografo; infine s’interveniva con il bulino e molto spesso non solo per le rifiniture; il modello per la fusione, invece, si produceva in legno oppure servendosi di prototipi di bronzo ricavati da antiche fusioni. Per quanto riguarda l’incisione di targhe, importante fu il lavoro eseguito negli anni ’70 per la società FATA, al tempo grossa ditta di automazioni entrata poi a far parte del Gruppo FINMECCANICA e tuttora cliente Cais, che consistette in qualche migliaio di targhette incise in cirillico e in tutte le lingue dell’Est europeo destinate ai propri macchinari distribuiti in svariate catene di montaggio, tra cui la più importante fu la TOGLIATTI GRAD: i caratteri cirillici furono appositamente costruiti per tale impiego, poiché all’epoca non esistevano in commercio.

Lavorazioni più minute e particolari, destinate a timbri in rilievo, ex libris o alla tipografia, si potevano ottenere mediante cliché incisi a mano, avvalendosi dell’esperienza di valenti artigiani incisori, quale ad esempio il sopraccitato Sig. Cumino, xilografo. I cliché per timbri, tipografia e stampa a caldo erano realizzati anche in zincografia, mediante foto-impressione. Le richieste per timbri in rilievo (o a secco) e sigilli per ceralacca non erano molte in quegli anni, poiché il loro impiego era più specifico e ed elitario rispetto ad oggi. I timbri a secco venivano utilizzati dalle istituzioni o da professionisti quali notai e avvocati per siglare documenti ufficiali, in quanto il timbro a secco è l’unico a non poter essere riprodotto con i normali metodi di contraffazione; fino alla fine degli anni ’80 erano realizzati incidendo il negativo in ferro e da questo, mediante una pressa a bilancere, veniva ricavato il positivo in rame; oggi, la maggior parte dei timbri in rilievo prevedono, al posto del rame, un positivo impresso a caldo su cartone bachelizzato che, pur garantendo un alto grado di definizione, è meno durevole nel tempo.

L’incisione dei sigilli, la cui origine risale al medioriente di novemila anni fa, era rivolta ad una élite composta in particolar modo da nobili, ma anche professionisti quali avvocati, notai o medici; molto pregevoli erano i manici intagliati in osso o legno dei primi del secolo, così come quelli in bachelite o vetro ancora in produzione negli anni ’50. L’impoverimento, se vogliamo, del manico per sigillo, andò di pari passo con la sua crescente diffusione anche alle classi non distinte da titolo nobiliare; dagli anni ’60 esso era prodotto perlopiù in legno o plexiglas, fermo restando che pur con questi materiali era possibile realizzare oggetti personalizzati di pregio.

A partire dal 1978 fino al 1995, per la realizzazione dei timbri, Cais introdusse l’uso del cartone bachelizzato che sostituì la matrice in caolino-scagliola e destrina; questo permetteva un accorciamento dei tempi di lavorazione nonché si prestava ad essere riutilizzato più volte, a differenza della scagliola che si deteriorava facilmente. La tecnica con la scagliola continuava comunque a dare ottimi risultati, come dimostra il fatto che pregevoli ditte, quale ad esempio la Testoni di via Ormea, 6bis, abbiano continuato ad usarla sino agli anni novanta.

I caratteri che venivano impiegati per la composizione tipografica erano in antimonio o in legno, secondo la dimensione del timbro da realizzare: i caratteri in antimonio, forniti dalle ditte Nebiolo, residente in Via Bologna al n. 47, e Grimoldi in C.so Quintino Sella, entrambe a Torino, andavano da un corpo 6 ad un corpo 60, mentre quelli in legno partivano da un corpo 60 a salire; timbri di tali dimensioni, in genere non superiori ad un moderno A4, erano impiegati (e lo sono tuttora, benché la richiesta sia largamente diminuita) per la personalizzazione di cartelline, scatole, carta da pacchi, sacchetti o scaffali e arredi di magazzino. Fino agli anni ’50 esisteva a Torino una ditta, la Panciroli con sede in Via Aosta, che si occupava unicamente della realizzazione di timbri per scatole e scatoloni, in gomma o alla maniera antica, in gelatina animale.

Nel 1986 Cais si trasferì dal n. 17 di Via Principe Amedeo al n. 11; nello stesso anno acquistò da una tipografia in chiusura una macchina tipografica a caratteri mobili, la Heldemberg modello "Stella”, così chiamata per le eccezionali prestazioni di cui era capace, ed una offset ad un colore, con le quali potè diventare autonomo anche per la stampa. Si realizzavano stampati di piccole e medie dimensioni, quali biglietti da visita, cartoncini augurali o partecipazioni e volantini, ma anche riviste: tra queste si può ricordare un numero de "La Tampa”, stampato nel 1988 ca.

La macchina per stampare a caldo, invece, era già presente e attiva dal 1970 ca; nata per la personalizzazione delle biro, veniva prodotta dalla Gaggianese, la stessa ditta che forniva le presse per timbri in rilievo e le foratrici per datari, numeratori, ecc. Utilizza plance a caratteri mobili ed ancora oggi permette la stampa a caldo su svariati supporti, quali ad esempio cuoio, carta, materie plastiche.

Nel 1995 la ditta si trasferì nuovamente, pur rimanendo sempre in zona, in via San Francesco da Paola n. 14/d. Di quel periodo così racconta Franco Cais: Gli anni ’90 hanno apportato profondi cambiamenti nella pratica incisoria come in tutte le professioni artigiane e non: prima di allora non ci si era mai trovati ad affrontare una trasformazione tanto radicale e non solo per quanto concerne le tecniche, ma per l’intera dimensione lavorativa. L’avvento delle nuove tecnologie ha permesso sì una velocizzazione delle procedure ed un abbassamento dei costi, quindi una maggior capacità produttiva necessaria per restare al passo con la crescente richiesta, ma il prezzo è stato una inevitabile perdita in qualità, a partire dalle materie prime.

Il 16 novembre di quell’anno viene acquistata una macchina per la realizzazione dei timbri in polimero ad acqua partendo da pellicola; da questa data, se per alcuni stampati vengono ancora impiegati i caratteri mobili, la composizione per i timbri viene fatta a computer; il polimero ad acqua, meno duraturo nel tempo rispetto alla gomma, ha però il pregio di essere un materiale smaltibile e la sua lavorazione non prevede la produzione di fumi tossici. È in programma però l’acquisto di una macchina a laser per poter tornare a realizzare timbri in gomma rispettando le vigenti norme ambientali.

Franco Cais e suo figlio Davide, che nel 1995 subentrò al padre nel portare avanti il laboratorio, pur avvalendosi delle nuove tecnologie a disposizione, hanno in ogni modo mantenuto viva quella tradizione artigiana che li ha visti crescere professionalmente, puntando sempre ad un prodotto di qualità.